Classico, biologico, biodinamico, naturale.
La storia del vino è antica quanto la storia dell’uomo. E se la storia dell’uomo ha vissuto conflitti, guerre secolari e religiose, periodi di pace più o meno lunghi (più meno che più), la storia del vino di certo non si è fatta parlare dietro. Il vino, infatti, è religione e politica, è etica e morale.
Il vino classico, quello che conosciamo tutti, quello che per tanti anni abbiamo trovato sullo scaffale del supermercato, nelle cantine dei ristoranti e nei vigneti mainstream, sta lasciando da circa un decennio la scena ai vini alternativi, ribelli, quelli fatti nel rispetto della e con la natura. Sono i vini biologici, i vini naturali e i vini biodinamici. La differenza tra questi tre tipi di vino (quattro, se consideriamo anche il vino con tanti solfiti aggiunti, quello mainstream) è il regime di conduzione sia della vigna che del processo di affinamento. Ma quello che si nota subito sul prodotto finale – è scritto sulla bottiglia – e sul palato sono i solfiti aggiunti.
COSA SONO I SOLFITI
Tutti i vini hanno i solfiti, che si creano naturalmente con il processo di fermentazione effettuato dai lieviti presenti nella buccia dell’uva. I solfiti aggiunti, invece, sono degli additivi utilizzati nel mosto di vino che ne mantengono stabili le caratteristiche organolettiche e che evitano alterazioni batteriche, e quindi differenze sostanziali da annata a annata, da bottiglia a bottiglia, da bicchiere a bicchiere. Questa caratteristica, però, non è più così ricercata. Ad oggi, infatti, è un trend l’unicità, l’imperfezione, la limited edition. Per questo limitare il più possibile l’utilizzo di solfiti aggiunti è garanzia di appetibilità e di gusto, sebbene limiti per ovvi motivi la produzione di bottiglie destinate alla vendita.
VINO BIOLOGICO
Tutti i vini ribelli sono biologici. Esserlo è la condizione sine qua non di partenza. Nei vini biologici, infatti, vengono utilizzati solo rame e zolfo come prodotti di sintesi chimici sulla vigna – che comunque si trovano in natura – e l’uva non è trattata chimicamente. Quello che distingue, all’occhio e al gusto, una bottiglia di vino mainstream da una bottiglia di vino biologico sono come dicevamo i solfiti aggiunti: 150 mg/l per i rossi e 200 mg/l per i bianchi nei primi, 100 mg/l per i rossi e di 150 mg/l per bianchi nei secondi. All’approccio il vino biologico è diverso dal vino che abbiamo imparato a bere, ma comunque mantiene una certa stabilità e “riconoscibilità” nel gusto. I vini biologici, infatti, sono un ottimo e virtuoso inizio per iniziare il proprio personale percorso nel mondo dei vini alternativi.
VINO BIODINAMICO
Qui entriamo in una zona a metà tra l’esoterismo e la scienza, tra la filosofia e l’agraria. I prodotti biodinamici, infatti, sono proprio un tentativo di legare la coltivazione della terra da parte dell’uomo ai cicli naturali, allo spirito della terra. Il filosofo Austriaco Rudolf Steiner, infatti, ha creato una nuova idea di coltivazione, considerando il rapporto stretto tra la terra e le fasi lunari, tra le energie degli esseri viventi che vivono e interagiscono nel campo coltivato e la sapienza dell’uomo. Nel fare il vino, questo si trasforma nel rispetto della mineralità della terra, del clima dell’annata e della strettissima connessione con la natura. L’esperienza di bere un vino biodinamico, oltre alle differenze organolettiche rispetto a un vino classico o biologico (il biodinamico non ha alcun solfito aggiunto) dovrebbe proiettarci proprio nell’insieme di processi naturali che, connessi in un tutt’uno, hanno contribuito a trasformare un chicco d’uva in una bottiglia di vino.
VINO NATURALE
Prima di chiederci “cos’è un vino naturale?” dovremmo chiederci chi lo fa, questo vino. Nel vino naturale, infatti, è cruciale il ruolo del vignaiolo. Nella coltivazione di una vigna coltivata al naturale e nella produzione di un vino libero (in Francia questo tipo di vino è proprio chiamato vin libre) il vignaiolo è il ribelle che ha deciso di riappropriarsi delle vigne di famiglia incolte, il dissidente che dopo un passato convenzionale torna alle origini, l’eroe romantico e bucolico, senza compromessi, che accetta la sfida della terra. La sfida è fare un prodotto di qualità, unico, coltivando la vigna in modo selvaggio e non aggiungendo alcun solfito e alcun lievito. Un prodotto unico, una bottiglia sempre diversa, una produzione limitata, il rischio di annate scadenti. Il vino ribelle per eccellenza.
Quando si assaggia per la prima volta un vino alternativo bisogna liberare la mente: da quello che crediamo di sapere sul vino, dalle bottiglie che abbiamo bevuto in passato e dai bicchieri che abbiamo considerato buoni/cattivi. I vini ribelli sono fatti di storie di persone e di idee, prima di tutto. Persone uniche e idee uniche per bottiglie uniche.
di Luca Coricelli (immagini: Adobe stock)